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Licenziamento per giusta causa: cos’è?

Il licenziamento per giusta causa è un licenziamento disciplinare immediato che si realizza in tronco (senza bisogno di esplicare o del periodo di preavviso). Si rivolge a quei dipendenti che commettono delle condotte personali talmente gravi da minare irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
Per legittimare un licenziamento per giusta causa deve sussistere un comportamento doloso e un’inadempienza notevole rispetto alle proprie mansioni lavorative. Questa deve essere dimostrata e concretamente provata dal datore di lavoro.

Alcuni esempi di condotte che danno diritto al licenziamento per giusta causa sono:

  • abbandono volontario e immotivato del luogo di lavoro per lavori che necessitano sorveglianza serrata
  • non presentarsi al lavoro per lunghi e continuativi periodi e non fornire al datore di lavoro giustificazioni
  • concorrenza sleale (se il lavoratore svolge un altro lavoro sfruttando le conoscenze o i dati personali reperiti sul luogo di lavoro)
  • comportamenti violenti (sia fisici che verbali)
  • diffamazione
  • furto di dati o di oggetti sul luogo di lavoro
  • falsificazione di ore straordinarie per percepire maggiori compensi in busta paga
  • produzione di un certificato medico falso.

Questo articolo si propone di approfondire quest’ultima legittimazione al licenziamento per giusta causa, ovvero il certificato medico falso.

Certificato medico falso: l’onere probatorio è a carico del datore di lavoro

La falsificazione del certificato medico rientra tra le condotte gravose che ledono il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, senza possibilità di rimediare.

È la stessa Corte Sprema di Cassazione di Roma, con sentenza 8925 del 2015, a reputare questo comportamento passibile di licenziamento in tronco. Il lavoratore protagonista di un atteggiamento di un simile raggiro della legge è considerato senza ombra di dubbio non affidabile.

Portare un certificato medico falso al proprio datore di lavoro pregiudica la condotta personale del dipendente, che può essere punita anche sul piano penale. Ma in più innesca una vera e propria manovra di truffa combinata. In questo caso non è solo il lavoratore a infrangere la legge. È anche il medico che certifica uno stato morboso a una persona sana (reato denominato falso ideologico).

L’onere della prova in queste situazioni è a carico del datore di lavoro e non sempre risulta agevole da adempiere. Per questo è importante rivolgersi a professionisti del settore come gli investigatori privati di un’agenzia investigativa riconosciuta.

Quando rivolgersi a un investigatore privato

Il datore di lavoro ha quindi facoltà, in caso di presunto un certificato medico falso, di assumere un investigatore privato che indaghi sulla fondatezza dei sospetti.
La prima mossa dell’investigatore è certamente seguire i movimenti giornalieri del soggetto sospettato. Se una malattia è falsa è molto probabile che sia stata chiesta per scopi personali. È quindi importante verificare se il soggetto non resta in casa, ma esce per effettuare commissioni o per frequentare luoghi inadatti al suo stato morboso.

L’investigatore privato può effettuare pedinamenti (segue attivamente il soggetto) o appostamenti (lo osserva da lontano) supportando il proprio lavoro con fotografie e video del dipendente.
Tutto questo procedimento è fondamentale in quanto, in una sentenza giudiziaria, costituisce vero e proprio materiale probatorio. L’investigatore privato può essere chiamato in tribunale personalmente come testimone, per giurare che tutto ciò che ha visto e documentato è vero.
È fondamentale quindi scegliere solo ed esclusivamente agenzie investigative ufficiali, riconosciute e che possano aiutarvi concretamente sul piano legale.

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