concorrenza sleale

Il ricorso alla concorrenza sleale per dare vantaggio alla propria azienda è ancora troppo alto. A conferma di ciò il numero di cause civili intentato da chi ne è rimasto vittima.

Concorrenza sleale: cosa fare?

Il vero problema in questi casi resta quello di dimostrare la cattiva fede del competitor, che inizia sempre difendendosi dalle accuse additando coincidenze, interpretazioni errate e disguidi sui suoi comportamenti.

A tal fine, è bene chiarire subito cosa intende la legge italiana per concorrenza sleale, specificata nel Codice Civile all’articolo 2598. In questa sede, il Codice distingue tra atti di:

  • denigrazione, messi in pratica quando si vuole sminuire o screditare il lavoro altrui inventando fatti o manipolando fatti reali;
  • vanteria, quando si vuole far emergere il proprio prodotto paragonandolo direttamente con quello di un competitor e sottolineando solo un aspetto, quello più conveniente, tralasciando tutte le altre differenze;
  • confusione, creata nel consumatore quando si copiano o si rendono molto simili due loghi, due offerte, due prodotti.

Oltre a questi casi, il Codice identifica un’altra categoria, denominata “atti atipici” di concorrenza sleale, in cui include comportamenti non ascrivibili alle prime categorie ma ugualmente lesivi del lavoro e dell’immagine dell’azienda. Un esempio è l’abbassamento sconsiderato dei prezzi per vendere velocemente i propri prodotti e lasciare sugli scaffali quelli dei concorrenti, in barba all’Antitrust – l’organismo che in Italia monitora e controlla l’offerta ai clienti e le azioni delle aziende.

Concorrenza sleale ex-dipendente

L’atto sleale non è sempre esterno all’azienda. Spesso, infatti, a compiere il reato è un dipendente interno, che può rompere il rapporto di fiducia con la propria azienda in due modi:

  • dando informazioni all’esterno sui prodotti, sul know-how e sulle procedure, favorendo la concorrenza;
  • utilizzando le stesse informazioni a proprio vantaggio, svolgendo lavoro in proprio con le risorse aziendali.

In questo caso si parla di concorrenza sleale solo mentre il dipendente è attivamente al servizio dell’azienda.

Un ex dipendente non è coperto dallo stesso rapporto di fiducia, a meno che, per ulteriore tutela, il datore di lavoro non gli chieda di stipulare un patto di non concorrenza. Con un patto di non concorrenza, l’ex-dipendente si impegna a non lavorare né in proprio né per altri all’interno dello stesso settore merceologico o commerciale.

Come riconoscere la concorrenza sleale?

La concorrenza sleale è spesso inequivocabile. Un’azienda competitor che usa un logo molto simile al nostro, il lancio di un prodotto con le stesse caratteristiche del nostro, procedure simili per la realizzazione di prodotti, violazioni del brevetto e delle leggi dell’Antitrust rientrano tutti in questo ambito.

Come difendersi da questi atti?

L’avvocato che rappresenta l’azienda dovrà fornire al giudice quante più prove possibili a supporto della propria accusa.

Per farlo, si contattare un investigatore privato, come Petrolà Investigazioni a Roma, per raccogliere le prove necessarie a dimostrare la concorrenza sleale. documenti, foto e video che testimoniano l’intento viziato del competitor e l’assenza di buona fede da parte sua.

Le sanzioni previste dal Codice Civile sono molto alte, e prevedono varie forme di risarcimento economico per l’azienda vittima di concorrenza sleale.

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